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Aria inquinata e tumori, politica e anidride carbonica

Articolo del: 21/10/2013
Autore: Enrico De Vita

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Due notizie sono rimbalzate sui giornali in questi giorni in tema di auto e ambiente. Ma giocando così con l’informazione si finisce con l’inquinare l'opinione pubblica più di quanto non lo sia l'aria.

Lo IARC (l’Agenzia internazionale per le ricerche sul cancro), con sede a Ginevra/Lione, 5-6 volte l’anno emette un verdetto sulle sostanze in grado di provocare il tumore. A giugno 2012, ricordate, aveva reso noto i risultati di uno studio cominciato nel 1988 sulla pericolosità dei gas di scarico dei diesel.
Diesel cancerogeni, una bolla di sapone
Erano stati messi sotto esame 12.315 minatori che fino a quell’anno avevano lavorato in miniera a contatto con vecchi motori diesel americani, privi di qualunque dispositivo elettronico di controllo, utilizzati per muovere i compressori d’aria. Il risultato non poteva che essere negativo, nel senso che sui 12.315 minatori esaminati circa il 6% aveva contratto un tumore ai polmoni (per l’esattezza 760 casi), 198 dei quali erano deceduti prima del 2012. Oggi i diesel hanno scoperto l’elettronica, il common-rail, l’iniezione diretta ad alta pressione, il gasolio a basso tenore di zolfo, e non lavorano al chiuso.

Insomma, un esame del genere coi motori a benzina avrebbe condotto a risultati ben peggiori, vista la presenza nel carburante di benzene, toluene, xilene e altri aromatici che inevitabilmente allo scarico danno luogo agli IPA (idrocarburi policiclici aromatici), fra i quali il benzopirene, il crisene, il fenantrene e altri compagnucci tristemente noti per la loro cancerogenicità. Nonostante ciò i giornali titolarono tout court: «I motori diesel sono cancerogeni». E un’associazione di consumatori, il Codacons, molto poco documentata, arrivò addirittura a chiedere il sequestro di tutte le auto diesel. Come ben sapete, tutto finì in una bolla di sapone.

L'aria inquinata provoca il cancro. Ma è proprio così?
Ora ci risiamo, ma questa volta sotto processo c’è l’aria. L’inquinamento dell’aria può provocare il cancro, lo dice ancora una volta lo IARC dopo aver messo assieme gli studi di mille esperti, che hanno certificato una cosa che ben si sapeva: l’esposizione per lungo tempo ad atmosfere contenenti gas e polveri residuate da combustioni, riscaldamento ed emissioni industriali aumenta la probabilità di sviluppare un tumore ai polmoni o alla vescica.

Altri titoli, altre frasi ad effetto, leggete il Corriere della sera del 13 ottobre scorso: «L’inquinamento dell’aria provoca il cancro». Per fortuna lo stesso IARC specifica che meno del 5% (dal 3 al 5%) dei tumori deriva da esposizioni ambientali, mentre la stragrande maggioranza (oltre il 60%) deriva dal fumo di sigaretta. Tali percentuali non sono dissimili da quelle del professor Umberto Veronesi che, considerando tutti i tipi di tumore, aveva messo al primo posto assoluto gli alimenti (oltre il 50%), poi il fumo di sigaretta (47%) e infine l’inquinamento ambientale (meno del 3%).

Oggi la media annua delle polveri è stata abbattuta
Ovvio che ogni forma d’inquinamento va combattuta, ma gli allarmismi ingiustificati possono diventare dei semplici spaventapasseri e perdere efficacia. Quello sulle polveri appartiene alla categoria. I giornali non dicono che nelle grandi città del nord siamo arrivati ai livelli più bassi degli ultimi due secoli: la media annua è ormai inferiore ai 50 microgrammi per metro cubo d’aria. Nel 1968 la media annua era di 475, scesa poi a circa 200 nel 1978 quando venne proibito l’uso del carbone e della nafta pesante. Da notare che le auto diesel hanno incominciato a diffondersi proprio nel 1978. Chi scrive abitava a Milano e possedeva una Ritmo bianca: lavata al sabato, il giorno dopo potevi scriverci sopra col dito; fare due chilometri in moto, quando toglievi gli occhiali, somigliavi a un minatore. La camicia bianca rimaneva tale per mezza giornata.

I 160 anni precedenti, cioè dagli inizi del 1800, furono ancora peggio, perché tutti si scaldavano a legna o a carbone e le industrie bruciavano carbone o olio pesante. Lo zolfo presente in queste sostanza si liberava nell’aria e diventava il precursore della nebbia. Quello che entrava nei polmoni diventava irrespirabile e fonte di malattie. In Inghilterra hanno riesumato le salme dei fuochisti che accudivano i camini dei palazzi della regina Vittoria: avevano i polmoni più neri di quelli di un fumatore accanito.

Diciamo queste cose per dimostrare come le percentuali sulla mortalità provocata da certi inquinanti non valgono in maniera assoluta, ma sono sempre il risultato di quello che c’era prima, altrimenti rischiamo di attribuire effetti nulli ai grandi miglioramenti conseguiti. Per chi volesse documentarsi con numeri più precisi consigliamo di leggere il libro di Andrea Trentini ed Enrico Engelmann dell’Università di Milano “Arcipelago Area C”, da alcuni giorni in libreria.

La politica gioca la sua parte nell'inquinare l'informazione
A proposito d’inquinamento non possiamo non sottolineare chi inquina l’informazione. Ci fa sorridere l’intervista che il ministro dell’ambiente Orlando ha rilasciato a Repubblica il 17 ottobre: «Abbiamo fermato la melina della Germania». Nell’intervista il giovane neo ministro si dichiarava soddisfatto di aver bloccato assieme a Svezia, Danimarca e Bulgaria, le manovre della Germania per rialzare i limiti alle emissioni di CO2 delle automobili, previsti per l’anno 2020. E’ la quarta volta che sentiamo un nostro ministro dell’Ambiente includere l’anidride carbonica fra le emissioni inquinanti.

I lettori di Automoto.it e Moto.it la conoscono bene, ma troppi politici la confondono con l’ossido di carbonio CO, velenoso, mortale: l’anidride carbonica (CO2) è un gas innocuo, risultato delle combustioni complete, emesso quale scarto da tutti gli esseri viventi, ma alimento essenziale del mondo vegetale. La sua misura allo scarico dei motori consente:
- di risalire direttamente al consumo di combustibile;
- e poi di differenziare i vari combustibili in funzione del contenuto di carbonio, mettendo in evidenza quelli che ne contengono meno.
90 g/km CO2: un limite "innaturale"
Tutto qui, nulla di inquinante, ma un metodo preciso per limitare il consumo dei combustibili fossili e contenere l’effetto serra provocato dai loro gas. Perché ora la Germania vuole rivedere i limiti della CO2 e rialzarli? Primo perché la Merkel ha esagerato quando ha inventato la formula 20, 20, 20 per avere in Germania, per il 2020, il 20% di combustibili di origine agricola e il 20% di energie rinnovabili. Secondo perché gli ingegneri tedeschi sono preoccupati per la contemporanea, prevista chiusura delle centrali nucleari. Terzo perché il limite di 90 grammi/km di CO2 imposti per le autovetture è “innaturale”.

Infatti, un motore termico non può scendere nell’uso normale al disotto dei 120 g/km, neppure se è diesel e se la vettura pesa solo 1.000 kg. Questo limite può, invece, essere abbassato se ricorriamo a due stratagemmi:
- adoperiamo un ciclo di misura non realistico, come è quello NEUDC, usato in Europa per misurare consumi e inquinamento;
- se ricorriamo a una dozzina di trucchi per ridurre artificialmente i consumi.
La Germania della Merkel non vuole ricorrere a trucchi
Quando però la vettura è a benzina o supera i 1.500 kg i trucchi non bastano e bisogna ricorrere a una forma di accumulo dell’energia (in una batteria, in un volano, nell’aria compressa) per riuscire a percorrere gli 11 km del ciclo attingendo il meno possibile dal serbatoio di carburante.

Che la Germania abbia chiesto di non esagerare nella riduzione di CO2, nonostante possieda industrie elettroniche che lavorano proprio nel settore dell’ibrido, è meritorio: vuol dire semplicemente che le auto non saranno gravate di dispositivi costosi e sofisticati adottati solo per falsare i numeri. E per darla da bere ai politici.

Nota: L'articolo originale contiene nel testo diversi link che qui sono stati omessi.

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