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Commento all'incidente mortale fra una bicicletta e un pedone


Articolo postato il: 28/10/2014
Autore: Enrico Engelmann

Alla luce del tragico incidente (Milano, donna di 88 anni muore dopo essere stata travolta da un ciclista ventenne. Lui è illeso), che ha visto la morte di un'anziana signora travolta sulle strisce pedonali da un ciclista, non si può fare a meno di fare alcune considerazioni più generali.

Diversamente da quanto sostengono alcuni ciclisti ideologici in evidente malafede e viziati di evidente disonestà intellettuale, ciò non vuole assolutamente dire strumentalizzare il triste fatto o, peggio ancora, mancare di rispetto verso la donna deceduta, ma cercare di trarre dall'evento insegnamenti utili affinché casi del genere non si verifichino ancora.

Al di là dello specifico caso e delle responsabilità, che vanno ancora accertate nel dettaglio, l'elemento essenziale da cogliere è che il fatto dimostra in maniera incontrovertibile che chi si sposta in bicicletta non potrà più addurre, come scusa al mancato rispetto del codice della strada, la tesi secondo cui "tanto in bicicletta non si può fare male a nessuno!"
Tutti hanno prima o poi udito affermazioni come questa! Che fosse una sciocchezza in malafede era ovviamente evidente a chiunque con un po' di buon senso.
Ma purtroppo, in Italia, finché non ci scappa il morto si preferisce ignorare i problemi, invece che affrontarli.

La giunta Pisapia ha fin qui garantito la più totale impunità a chi utilizza la bicicletta, in virtù di una visione ideologica della realtà, e anche perché molti di costoro appartengono al suo zoccolo duro di elettori. Pisapia ha pensato bene di farsi intervistare in bicicletta, mentre a bordo di veicoli non a norma scorrazza attraverso il centro senza curarsi del codice della strada (Commento alla biciintervista di Pisapia).

Un cittadino ha dovuto aspettare mesi, per poter ottenere un'imbarazzata risposta da parte dalla Direzione Generale Polizia Locale e Sicurezza, sul perché i vigili non si preoccupino minimamente di sanzionare le infrazioni commesse da ciclisti:


Immagine tratta dalla pagina fb Piazza Castello e la nostra Milano non sono una fiera arancione

Si è così potuto apprendere che nel corso dell'intero 2013 sono state comminate ai ciclisti appena 380 multe (una al giorno), quando chiunque vada in giro per Milano può vedere che le infrazioni commesse sono innumerevoli tutti i giorni.

Se quello in questione è il primo incidente mortale fra pedoni e ciclisti, non è però certo il primo caso di persone travolte da ciclisti che vanno dove non devono. Basta guardare i commenti sui social network, per vedere che ne saltano fuori tanti. Solo che sono fatti che non finiscono sui giornali, nè per i quali si pubblicizzano statistiche.

Alla luce del fatto in questione non esistono più scuse, e la condotta della giunta, che nei fatti ha accordato piena impunità a chiunque inforchi una bicicletta, indipendentemente da quali e quante norme del codice della strada infranga, è totalmente inaccettabile.
La scusa che i ciclisti non sono identificabili, e perciò non perseguibili a meno che non li si riesca a trattenere, è debole e ipocrita, dato che anche quando gli attori di comportamenti del tutto al di là del consentito erano a disposizione per poter essere identificati, ci si è ben guardati dal sanzionali. Si veda ad esempio il caso Serata di ordinaria prepotenza ecociclotalebana in via Vittor Pisani.
Le stesse manifestazioni di critical mass in quanto tali andrebbero proibite, in quanto sono a tutti gli effetti null'altro che delle celebrazioni dell'arroganza e dell'impunità dei ciclisti ecotalebani.
Se poi i vigili si preoccupassero di almeno ammonire i ciclisti che infrangono in maniera più sfacciata il codice della strada, si toglierebbe loro perlomeno la certezza di non avere mai nulla da temere.

In generale è cioè l'impostazione politica che va cambiata, impostazione che vede chi va in bicicletta come un eroe a prescindere, in diritto di godere di ogni privilegio, mentre tutti gli altri cittadini (in primis chi è in giro in auto, colpevole a priori, ma anche i pedoni, appena tollerati) come cittadini di serie b, le cui esigenze possono essere considerate del tutto secondarie.

Il sindaco Pisapia stesso è dovuto scendere a compromessi, affermando fra l'altro che "Troppi ciclisti oggi non pensano che non si deve passare con il rosso, perché si mette a rischio la propria incolumità e quella degli altri." Bontà sua! Si è finalmente accorto anche lui di quello che chiunque abbia occhi per vedere sapeva da un sacco di tempo! "È da tempo — ha aggiunto il sindaco — che volevo fare questo appello." Da notare comunque che per i ciclisti che non rispettano il codice, il sindaco riserva appelli. Quindi tutto molto soft. E verrebbe da chiedere, perché l'appello non lo ha fatto già prima, se ci aveva già pensato.

Riassumendo, il grave incidente rappresenta una dimostrazione chiara che il lassismo verso i comportamenti pericolosi dei ciclisti non può essere giustificato con l'affermazione che tanto non sono pericolosi. Ciò non è vero, e permettere che chi è in bicicletta posso sfrecciare sui marciapiedi, prendere le strade in contromano, attraversare col rosso come standard è un fatto grave e inaccettabile, perché equivale a favorire la possibilità che si verifichino incidenti anche molto gravi.
Un commento complementare alla pagina LE FOLLIE ARANCIONI PRODUCONO EFFETTI


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