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BIKEMI, IL REGALO A CLEAR CHANNEL CHE ACCOMUNA MORATTI E PISAPIA

Articolo del: 17/10/2013
Autore: ANDREA DUSIO

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Martedì 17 settembre, durante la Settimana Europea della Mobilità Sostenibile e nel giorno della Vogue Fashion’s Night Out, BikeMi ha fatto segnare il record assoluto di prelievi in un solo giorno: 10.495. Il prelievo numero diecimila è stato premiato con un abbonamento gratuito valido dieci anni. Le foto d’agenzia circolate in questi giorni ritraggono il vincitore nel cortile di Palazzo Marino, mentre riceve il premio messo in palio dal Comune di Milano dall’assessore alla Mobilità e Ambiente Pierfrancesco Maran.

Quest’anno BikeMi ha fatto segnare un’ulteriore espansione. Il servizio ha ormai installato più di centosettanta stazioni e il traguardo parziale delle duecento stazioni, con una capacità complessiva di 3.650 biciclette, ormai è vicino. Dopo di che inizierà una fase di ulteriore espansione, che prevede lo sbarco del servizio oltre la cerchia filoviaria della 90/91, con un numero totale di 300 stazioni e 5mila biciclette.

II progetto, molto ambizioso, nasce dalla collaborazione tra il Comune di Milano, l’ATM e la multinazionale Clear Channel. Quando nel 2008 il predecessore di Maran, l’assessore della Giunta Moratti Edoardo Croci, presentò un piano per il lancio di un servizio di rent a bike i più attenti si chiesero come mai a gestirlo fosse chiamata una società che a Milano aveva sempre fatto altro. Clear Channel nei primi Anni Duemila era infatti conosciuta da molti per l’attività di organizzazione di concerti, ma il core della sua attività lo aveva sempre avuto nella gestione di spazi pubblicitari. Come mai questo spin-off?

In realtà Milano non era la prima città europea in cui Clear Channel si trovava a organizzare un servizio analogo. L’assegnazione dell’incarico era anzi legata a un know-how pregresso: requisito non da trascurare, soprattutto per chi si ricordava il flop leggendario delle bici gialle. Per la nostra città, il bike sharing aveva infatti un precedente storico poco incoraggiante. Nel 1987 (sindaco era Paolo Pillitteri) il Comune mise a disposizione dei cittadini cinquecento biciclette nuove di zecca. Gialle appunto, come allora i taxi. Era un sabato di inizio aprile. In poche ore le cinquecento bici vennero affittate. Ma, piccolo particolare, nessuna tornò indietro. Finirono nelle cantine, furono ridipinte e rese irriconoscibili. Insomma sparirono tutte, anche perché nessuno aveva chiesto i documenti ai fruitori del servizio.

Oggi quell’avvenimento che costituì un colpo basso al senso civico dei Milanesi sarebbe certamente irripetibile. Non di meno, sul servizio rimangono molti aspetti da chiarire. È per esempio sorprendente che la nuova amministrazione, così attenta a creare una discontinuità con la vecchia, lo abbia ereditato chiavi in mano senza cambiarci una virgola. Anche perché-chissà se Maran lo sa-le condizioni che Clear Channel ha imposto al Comune non sono propriamente un affare. Ed è strano che all’assessore e ai suoi collaboratori stia bene così.

Il contratto siglato da Palazzo Marino e la multinazionale ha infatti una durata inusuale: quindici anni. Pisapia e Maran forse l’hanno dovuto accettare a scatola chiusa. Soprattutto, in base al bando di assegnazione, ATM versa a Clear Channel una cifra che oscilla tra i 35mila e i 40mila euro per ogni stazione BikeMi installata. La somma copre naturalmente sia la fornitura dei mezzi che l’installazione e la manutenzione per tutta la durata dei contratto. Ma in definitiva, cosa compra il Comune di Milano con ogni postazione? 33 stalli e le biciclette. Inoltre l’azienda di trasporto fornisce un concreto supporto alla gestione: se provate a chiamare al numero verde, per esempio, vi risponde un dipendente ATM, non uno di Clear Channel. La multinazionale però non si accontenta di incassare liquidità per circa mille euro a bicicletta. Ha anche in concessione per ogni singola stazione 30 metri quadri di spazio pubblicitario, che rivende secondo i prezzi che applica normalmente in quello che è il suo business di riferimento. In più, incassa i ricavi degli abbonamenti.

Fate voi i calcoli: solo dall’installazione delle stazioni, Clear Channel ha ricavato più di 6 milioni di euro. Da ogni abbonato 36 euro. Il parco biciclette attuale deve ancora raggiungere le 4mila unità. Diamolo per fatto, in un eccesso di fiducia. Cosa fa sei milioni diviso 4mila? 1500 euro. Costosette, queste bici. Con quella cifra si poteva realizzare un intero sistema di mobilità sostenibile, dando anche un incentivo (un buono di 50/100 euro) per l’acquisto di una bici a una parte significativa (diciamo 100mila persone?) della popolazione. Maran, li hai fatti questi conti? Non è il caso che qualcuno provi a interrompere questo spreco, che a nostro parere si configura come una vera e propria truffa alla collettività?

Dobbiamo infatti ancora quantificare l’introito di Clear Channel per le posizioni pubblicitarie che ATM le ha concesso. Sono quelle che corrispondono alle fermate ai mezzi pubblici, ma non solo. Moltissime sono in pieno centro, persino negli spazi verdi (come in Piazza Castello). Il fatto è che, in coincidenza del lancio del servizio durante la “coda” dell’amministrazione Moratti, quelle stesse posizioni si sono miracolosamente moltiplicate. Non solo. Sono spuntati come funghi cartelloni luminosi, che dunque “lavorano”, al contrario del servizio BikeMi (che di notte si ferma) ventiquattro ore si ventiquattro. Qual è il mancato introito del Comune per quelle posizioni? Non siamo esperti del mercato pubblicitario, e ci limitiamo qui a segnalare che a Milano acquisire posizioni simile era ormai impossibile, anche per un player come CC, entrato in un mercato saturo, e con attori molto potenti. BikeMi ha dunque rappresentato un formidabile “cavallo di Troia”, con la compiacenza di qualcuno a Palazzo Marino.

Aggiungiamo però un dato: le postazioni di cui dispone Clear Channel grazie a BikeMi sono in gran parte di 120×180 cm. Prevedono una rotazione ogni due settimane e il prezzo del network (si tratta di centinaia di punti) oscilla dai 300mila ai 500mila euro.

Restano due domande: cosa mancava ad ATM per gestire in prima persona il servizio ed essere lei, semmai, a guadagnarci (Magari avremmo evitato i rincari di biglietti e abbonamenti ai mezzi pubblici)? Qualcuno ha stimato che, se il valore della piattaforma BikeMi col tempo decade, quello delle postazioni pubblicitarie può crescere anche sensibilmente (pensate a Expo)?

Nota bene finale: parte dell’investimento è stato coperto da un finanziamento del Ministero delle Infrastrutture. Questo aveva autorizzato l’ex assessore Croci a spiegare che i vantaggi erano evidenti. Roma non è Milano, è vero, ma non trattandosi di uno Stato federale, il dispendio di risorse pubbliche ricade su ogni cittadino. Può darsi anche che in termini di costi vivi BikeMi sia un onere sostenibile, ma il punto è cosa si poteva fare con quei soldi, a vantaggio di chi è il rapporto costi/benefici e qual è l’entità stessa del rapporto. BikeMi è, lato utente, un servizio, magari anche buono. Lato cittadino un servizio e un onere. Lato amministratore, uno spreco. Lato Clear Channel una manna dal cielo. E più crescerà il numero di bici e stazioni più il regalo sarà evidente e sproporzionato. Per favore, qualcuno fermi la bicicletta di Maran e glielo spieghi.

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